mercoledì, aprile 01, 2009

Seminario di Salonicco - 2009


Ed ecco che la tradizione di rinnova! ormai e' dal lontano 2005 (sic!) che il seminario di Salonicco si ripete, grande ricambio di partecipanti, ma anche qualche progresso! un bel ki ken tai per quasi tutti - e in generale un atteggiamento un po' macho sul kote (il quale non esiste in natura, come il do)... ma ci sono personaggi in crescita e questo fa proprio piacere.

domenica, novembre 23, 2008

Kyoto Taikai


Forza Italia!
Inserito originariamente da zari1
Ho rinvenuto casualmente questa foto su Flickr, direi che merita senz'altro di essere pubblicata.

giovedì, novembre 20, 2008

I miei ragazzoni crescono!


Domenica scorsa i miei allievi olandesi hanno partecipato al seminario federale di Amsterdam e tre di loro hanno superato l'esame di passaggio di grado. Abbiamo festeggiato poi a casa mia con un piatto orientale appositamente... improvvisato!

martedì, settembre 16, 2008

Kato sensei


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Inserito originariamente da AIK Budokan no Futari Milano
Sabato 13 settembre 2008

lunedì, settembre 01, 2008

Prossimi appuntamenti

Nel ricordarvi che l'attività del dojo riprenderà ufficialmente mercoledì 3 settembre, vi segnalo le date del primo importante appuntamento della nuova stagione.
Si parte subito fortissimo con l'arrivo del Maestro Junichi Kato che abbiamo conosciuto nel mese di marzo.
Venerdì 12 settembre sarà ospite del nostro dojo mentre sabato 13 e domenica 14 condurrà uno stage a Molinello di Rho.

Mi raccomando, da mercoledì tutti presenti per cercare di farci trovare in una condizione quantomeno decente...

venerdì, agosto 29, 2008

I miei ragazzoni - Sakura-kai Utrecht



Finalmente sono in grado di pubblicare una foto dei miei allievi olandesi: abbiamo fatto pratica anche in agosto e il gruppo e' un po' meno nutrito del solito. Ma i fedelissimi ci sono tutti. Il senpai del dojo, Simon, ha superato brillantemente l'esame di secondo dan - e questa e' una buona notizia: ma sembra esserci una nuova aria in palestra, visto che si sono decisi ad aggiungere una seconda serata di pratica (a scapito della naginata, sorry!) e si comincia a far visita a qualche altro dojo. Il progresso che sara' possibile con due sere a settimana di keiko sara' presto davanti agli occhi di tutti!
E per aggiungere gusto alla soddisfazione, i miei ragazzoni sono anche bravi cuochi - riescono a mettere a tavola 5-6 persone in un batter d'occhio, con piatti messicani o italiani (un po' rivisitati, direi... basta un po' di pesto per battezzare "italiano" qualunque piatto). Fare le riunioni di dojo, cosi', e' davvero un piacere!

venerdì, agosto 01, 2008

Buone vacanze a tutti!

Come da titolo del post.. buone vacanze a tutti!

L'attività del dojo all'Olimpo si interrompe ufficialmente fino a fine agosto. Chiunque avesse voglia è comunque libero di ritrovarsi nei consueti giorni e orari in palestra per una pratica libera.
Restano poi validi tutti gli appuntamenti extra fissati per questo mese (Trieste, Tani, etc).


Ci si rivede in palestra per una nuova ricca stagione di pratica mercoledì 3 settembre!

giovedì, luglio 17, 2008

Assemblea annuale del dojo del 16/07/08

Con la consueta solerzia che mi contraddistingue, pubblico quanto è stato definito ieri sera in assemblea di Dojo.
- Presidente del dojo: Donatella Castelli
- Vicepresidente vicario: Massimo Tucci
- Rappresentante degli insegnanti: Roberto Mori
- Rappresentante dei praticanti: Francesco La Face
- Tesoriere: Massimo Tucci

La situazione finanziaria è stata giudicata sufficientemente solida. Un anticipo del programma di eventi che si susseguiranno nella prossima stagione è stato brevemente esposto. Maggiori dettagli perverranno tramite la nostra mailing list nelle prossime settimane.


Ricordo infine che la pratica riprenderà dopo le vacanze estive mercoledì 3 settembre.

martedì, giugno 10, 2008

Salonicco 2008






Mori-san ed io siamo stati a tenere l'ormai consueto seminario a Salonicco. Chissa' quando riusciremo ad organizzare uno scambio AIK Budokan - Ronin Club? per ora ci si scambiano solo le felpe del club!
Il dojo di Salonicco soffre di un elevato tasso di ricambio, i pochi che persistono pero' stanno crescendo costantemente: e' una consolazione! E naturalmente e' stato bello rivedere gli amici!

sabato, marzo 15, 2008

martedì, marzo 04, 2008

In principio era il Tucci




Grande soddisfazione, portare i propri allievi ai Campionati Italiani. Solo la nostra Fumi aveva partecipato in passato, ma certamente non possiamo annoverarla fra i "prodotti" dell'AIK Budokan no Futari - quello che ha dato e' stato molto di piu' di quello che abbiamo potuto darle (e adesso torna in Giappone...).
Per motivi puramente organizzativi, Massimo Tucci e' stato il primo allievo DOC a prendere parte agli Italiani. Negli individuali si e' trovato due ragazzoni liguri lunghi lunghi, ma non si e' fatto intimorire ed ha affrontato il combattimento con lucidita' esprimendo tutto quello che la sua limitata (inesistente?) esperienza di shiai gli ha permesso. Bravo, niente da dire. Il supporto dagli spalti di Alessandra Kohai e' stato molto apprezzato.
La squadra - ridimensionata da sette a cinque a causa di defezioni dell'ultimo minuto - si e' trovata nel classico girone di ferro, ma tutto sommato, almeno con Genova (i liguri sono la nostra nemesi...) avrebbe potuto fare di piu'... con gli alessandrini, beh, c'era un po' meno spazio... bene, comunque - avete reso i vostri Sentre molto orgogliosi. Grazie al mitico Mori Senpai che ha fatto da chioccia al gruppo - e che fara' fare loro ancora un po' di esperienza in futuro.
E non dimentichiamo: lo shiai si impara facendo shiai - non e' importante tanto il risultato (anche se vincere e' meglio), quanto capire come il nostro kendo cambia nella circostanza. Si impara molto di se', calcando lo shiai-jo, e davvero e' una occasione da non sprecare, anche se non e' l'unico strumento per ottenere lo stesso risultato. L'AIK Budokan non sara' mai un dojo di agonisti, ma certamente invitera' sempre i propri praticanti a cimentarsi anche nello shiai, cosi' come nel kirikaeshi o nel kakarigeiko...

giovedì, febbraio 07, 2008

TROFEO DEI LAGHI- SECONDO ROUND

ECCO IL SECONDO ROUND (RICKY/CARLO/GIULIO-SAVONA KENDO); qui i nostri sono i rossi, mentre prima-ho scordato di scriverlo-erano i bianchi....











TROFEO DEI LAGHI

TROFEO DEI LAGHI 2008 (PRIMO INCONTRO: RICKY/CARLO/GIULIO-SHUBUKAN TORINO) BUONA VISIONE




martedì, gennaio 08, 2008

Museido Amsterdam


Se qualcuno di voi avesse curiosita' di sapere che faccia abbiano i miei nuovi compagni, ecco una foto presa in occasione della prima pratica del 2008. Come potete constatare, ci sono forme di vita intelligenti anche in questo paese, quindi portate il bougu e venite a trovarmi...
Il responsabile della pratica (anche a livello nazionale) e' Louis Vitalis, 7 dan - qui c'e' anche Jolanda Dekker, 6 dan, Campionessa Europea e conoscenza di lunga data (oltre che moglie di Louis)...
Mi reputo molto fortunata, perche la modalita' di pratica e' molto simile a quella di casa - e il livello tecnico e' davvero alto. Manca nella foto Mark Herbold, anche lui 6 dan e Campione Europeo.
Non vi viene voglia di fare un salto? le ragazze sono tutte alte e carine (oltre che membri della Nazionale...). Lo dico ovviamente per i giovani leoni scapoli del dojo.

sabato, dicembre 22, 2007

mercoledì, dicembre 19, 2007

Tanti saluti da Fumi !



Sperando sempre che riesca a venire a trovarci prima di tornare in Giappone (a marzo 2008), Fumi manda i suoi saluti a tutto il dojo! E' in grande forma, sta facendo tantissimo per il Kendo ceco, sarebbe bello poterla avere di nuovo con noi anche per una sera! Il suo biglietto la aspetta sempre, devo solo dirci quando!

martedì, dicembre 11, 2007

Esame di renshi

Per conseguire il titolo di Renshi ("aspirante maestro") i sesti dan della nostra federazione devono sottoporre ad una commissione composta dal Presidente e dai settimi dan italiani un curriculum vitae (ovviamente relativo alla propria carriera di kendo), due lettere di presentazione stilate da altri rappresentanti di societa' affiliate CIK e un elaborato su due argomenti (su quattro segnalati dalla commissione).
Ho pensato che a qualcuno potrebbe far piacere sapere come la penso su questi argomenti - tanto per stimolare un po' il dibattito. I commenti sono i benvenuti.

Le qualità della Via della spada e la loro divulgazione.

1.1. Aspetti fisici

Per declinare le qualita’ della Via della Spada, deve essere considerato un assunto di base: che la pratica sia condotta in modo ortodosso e corretto, sotto la guida di un insegnante qualificato. Solo in questo modo si realizza pienamente un aspetto peculiare del Kendo (che potrebbe considerarsi una prima qualita’ della Via della Spada): il fatto di essere accessibile anche a chi e’ gia’ in eta’ matura, purche’ in buona salute: la pratica accurata e costante riesce a recuperare anche chi non e’ naturalmente portato (ne’ tantomeno si e’ mai allenato per diventarlo) per il coordinamento muscolare e per il contatto fisico, come ho osservato in numerose occasioni.
D’altra parte, come rovescio della medaglia, va anche detto che il Kendo non si presta a migliorare l’aspetto corporeo (niente addominali scolpiti o perdite miracolose di peso in eccesso), ne’ tantomeno, per la sua asimmetricita’ e per la tipologia del gesto, mi sentirei di consigliarlo come alternativa ad altre attivita’ atletiche, particolarmente per chi sia nell’eta’ dello sviluppo, come un adolescente, o per chi abbia problemi oggettivi di resistenza alla fatica.

1.2. Aspetti pedagogici

Certamente il Kendo nasce anche con un intento di formazione del carattere. Su questo punto, che io ritengo molto importante dal punto di vista “filologico”, per comprendere l’evoluzione della pratica, non oso peraltro dilungarmi. Se questa e’ senza dubbio una qualita’ della Via della Spada, gli aspetti pedagogici della stessa vanno riportati al contesto giapponese (o comunque orientale) in cui il Kendo viene somministrato ad una popolazione di eta’ compatibile – e comunque in un ambito culturale ben preciso e coerente. Nella nostra realta’, fatta prevalentemente di praticanti adulti e soprattutto inserita in una societa’ profondamente diversa, sarei davvero spaventata da chi volesse proporre il Kendo con strumento di formazione caratteriale – avendo ben presente che cosa si intenda in questo senso nella realta’ di origine.

1.3. Aspetti sociali e morali

Piuttosto, per individuare le qualita’ della Via della Spada che la rendono particolarmente nobile, ritengo occorra ricondursi in primo luogo alla definizione di chi l’ha sviluppata – sebbene in un contesto diverso da quello in cui ci troviamo ad operare nella nostra pratica quotidiana, in Italia o in Europa.

Il ben noto “Concetto del Kendo” recita che:
“Kendo is a way to discipline the human character through the application of the principles of the sword”
E che:
“The purpose of practicing Kendo is:
To mold the mind and body,
To cultivate a vigorous spirit,
And through correct and rigid training,
To strive for improvement in the art of Kendo,
To hold in esteem human courtesy and honor,
To associate with others with sincerity,
And to forever pursue the cultivation of oneself.
Thus will one be able
To love his/her country and society,
To contribute to the development of culture,
And to promote peace and prosperity among all peoples.”

Risulta evidente che i propositi di ordine morale e sociale sopravanzano nettamente quelli di ordine fisico e salutistico, per quanto la pratica del Kendo si presenti al neofita in primo luogo tramite l’aspetto piu’ corporeo e, diciamo pure, atletico.

Si configura quindi una apparente contraddizione – una forte pratica fisica individuale si propone di arrivare a un fine spirituale collettivo. In questa caratteristica della Via della Spada sta tutta la difficolta’ del trasferire il significato profondo della disciplina a coloro che intendono studiarla.

Al di la’ della nozione teorica, la percezione di quanto sia reale il proposito del Kendo espresso nei sopracitati termini della AJKF si raggiunge inevitabilmente dopo svariati anni di pratica.
A titolo personale, ho avuto molte dimostrazioni di quanto il Kendo sia in grado di creare legami profondi basati sul rispetto reciproco e sulla comune aspirazione al miglioramento di se’ – comprendendo tutto lo spettro del “self-improvement”: dalla tecnica al carattere, alla forma fisica, alla capacita’ relazionale.
La mia “carriera” di kenshi mi ha consentito di venire a contatto con praticanti di tutto il mondo e, volontariamente o meno, di essere ambasciatrice anche della cultura del mio paese tramite il Kendo.
E’ mia convinzione profonda quindi che il vero valore del Kendo – la sua primaria qualita’ - si esprima soprattutto nella dimensione sociale. In questo senso ho sempre provato una profonda ammirazione per Inoue Shigeaki, Hachidan Hanshi di Nara, che da perfetto dilettante (ovvero non da kenshi “professionista”, come sono i professori e i poliziotti) ha sviluppato la sua visone di equilibrio fra le componenti umane della pratica, della professione e della vita privata – accentuando al di la’ di ogni possibile dubbio la valenza sociale e comunicativa del Kendo.

2.1. La divulgazione

A questo punto se le qualita’ della Via della Spada, piu’ che di tipo fisico, sono di tipo sociale, il tema della divulgazione diventa cruciale.
In pratica, il neofita si iscrive ad un “gruppo sportivo”, che tuttavia ha come scopo primario quello di renderlo un individuo armoniosamente integrato nella comunita’ del Kendo e in senso lato nella societa’. Come risolvere questo koan?
In primo luogo, nell’ottica dello sviluppo anche numerico della comunita’, come avvicinare il profano al Kendo, ovvero come presentargli una disciplina di cui conosce (solo marginalmente) l’aspetto esteriore?
In secondo luogo, come fidelizzare e integrare chi gia’ ha fatto il passo di aggregarsi a un club di Kendo, seguendo le piu’ svariate motivazioni – inclusa quella dell’addominale scolpito?
Chi si avvicina da completo principiante al Kendo spesso e’ attratto dalla spettacolarita’ della pratica, oppure cerca una replica incruenta, ma comunque fisicamente intensa, dei combattimenti dei samurai.

2.2. Ruolo dell’insegnante

Al di la’ dello scoraggiare l’atteggiamento dell’occasionale mitomane mediante vigorose somministrazioni di esercizi ripetitivi e faticosi, rimane il problema di passare correttamente il messaggio spirituale, senza assumere atteggiamenti piu’ consoni agli psicoterapeuti o ai guru della new age. Anche l’assunzione di pose da “grande maestro” da parte di chi conduce la pratica finisce per attirare in primo luogo le menti deboli, che rinunciano a priori a prendere su di se’ il carico del proprio sviluppo.
Il ruolo dell’insegnante e’ importante, nel creare la giusta collaborazione e quindi il giusto clima. In questo senso sarebbe auspicabile un approccio alla conduzione della pratica basato su linee guida precise, che facciano percepire palpabilmente l’appartenenza a un “sistema Kendo”, che travalichi i limiti del dojo stesso. Questa, secondo me, dovrebbe essere responsabilita’ primaria dei vertici tecnici del Kendo italiano – che possono in questo modo mediare le diverse abilita’ di chi in questa fase storica si occupa della crescita dei praticanti sul territorio nazionale.

2.3. Ruolo del dojo

Secondo la mia esperienza, il ruolo principale nella comunicazione al neofita deve essere affidato al dojo – intendendo con questo termine l’intero gruppo dei praticanti, ai quali va affidata il prima possibile la responsabilita’ della crescita comune.
Il miglioramento tecnico non puo’ prescindere dall’impegno collettivo – a partire dal ruolo di motodachi, che va insegnato e perfezionato come qualunque waza sin dalle prime fasi dell’apprendimento.
Se la giusta attenzione al ruolo di motodachi puo’ cominciare ad instillare l’importanza del lavoro in coppia, solo la disciplina generale della pratica ordinaria puo’ sviluppare gli aspetti relativi alla cortesia, al rispetto reciproco, alla sincerita’, oltre a trasferire quegli aspetti di “cultura del dojo” che contribuiscono all’armonia della pratica: le modalita’ nei saluti, i momenti di confronto con l’insegnante e i compagni, gli aspetti pratici dell’allenamento.
Il neofita apprende in modo naturale che ci sono usi e costumi da seguire, importanti quanto l’esecuzione corretta di un waza. Nella velocita’ con cui l’allievo si adegua ad essi si puo’ gia’ intuire la sua futura capacita’ di integrazione nel gruppo.

Quindi, a mio avviso, la prima qualita’ della Via della Spada e’ che non puo’ essere praticata in solitudine, bensi’ la dimensione del rapporto con gli altri e’ sempre prevalente e necessaria, non solo in termini di aiuto reciproco, ma anche di relazione competitiva.
Citando il Maestro Inoue, solo attraverso una pratica che ammette la sconfitta si puo’ arrivare al perfezionamento di se’. Quindi anche il confronto con compagni piu’ forti e piu’ capaci contribuisce alla crescita personale, non solo perche’ costituiscono un esempio da imitare, ma anche perche’ sono rivelatori delle nostre mancanze. Ponendo attenzione alla propria reazione davanti alla sconfitta (in uno shiai, ma anche in un esame di passaggio di grado) si ha una opportunita’ straordinaria di autoconsapevolezza.

2.4. Ruolo dei senpai

Il ruolo dei senpai – intendendo con il termine chi e’ “piu’ avanti nel cammino”, non necessariamente un insegnante, ma anche chi in senso lato ha piu’ esperienza nella pratica – e’ fondamentale, sia per creare un ambiente accogliente e disciplinato, sia per trasferire la responsabilita’ del gruppo al livello piu’ basso possibile.
La Via della Spada impone quindi comportamenti “di qualita’”, che su un campo di atletica non sarebbe ne’ necessari, ne’ tantomeno richiesti, da parte dei piu’ anziani. Sono i senpai i principali “ripetitori” del messaggio, anche senza avere un ruolo diretto di guida nella pratica. Se i senpai percepiscono la propria responsabilita’ di “custodi” della cultura del dojo, l’insegnante non dovra’ ricorrere ad atteggiamenti eccessivamente normativi o addirittura fisicamente coercitivi, perche’ il gruppo stesso sara’ in grado di autoregolamentarsi – la forma piu’ alta di esperienza sociale che si possa immaginare.

L'attitudine necessaria all'insegnamento della Via della spada.

Chi intende assumersi la responsabilita’ di insegnare Kendo (perche’ e’ in termini di responsabilita’ che io interpreto la definizione) deve in primo luogo fare chiarezza sull’obiettivo personale che vuole raggiungere. Aver il titolo di insegnante non implica automaticamente che si creda nell’utilita’ dell’insegnamento per la propria pratica, anzi e’ una lamentela frequente quella di chi “non riesce ad allenarsi, perche’ deve insegnare”. Al di la’ dei casi in cui questa affermazione sia solo un alibi per tirare il fiato e riposarsi sugli allori, occorre da parte dell’insegnante onesto una analisi lucida sul “come” renderlo utile effettivamente.

L’insegnante ha in realta’ una enorme opportunita’ – dovendo essere da esempio per gli altri praticanti, non puo’ fare meno o peggio di loro. Organizzando razionalmente la lezione, gli insegnanti posso praticare con i propri allievi e trovare spunti di miglioramento anche negli esercizi per i principianti – la fase del consiglio o l’appunto dettagliato sul singolo individuo possono aspettare il termine della lezione, in modo da non interrompere il fluire in crescendo della pratica.
Se l’insegnante percepisce come utile il lavoro che sta facendo, non puo’ intervenire nemmeno l’usura da insegnamento, che spinge tanti kenshi di alto livello tecnico a rinunciare alla conduzione della pratica, che altresi’ e’ un punto inevitabile di passaggio verso una ulteriore crescita personale.
Nella dedizione che un insegnante dimostra verso i propri allievi deve in un certo senso essere presente anche un fine sanamente egoistico: se essere superati tecnicamente dai propri allievi e’ una grande fonte di orgoglio, d’altra parte un feroce desiderio di miglioramento deve essere costantemente presente, per consentire un rapporto equilibrato con il lavoro costante nel dojo.

L’insegnante che abbia i mezzi per farlo (e in una fase di crescita come quella che il Kendo italiano sta affrontando, questo non e’ scontato) deve in primo luogo trasmettere una conoscenza tecnica: ma, non appena il praticante abbia superato la soglia del neofita, anche trasferire la responsabilita’ della propria pratica e di quella dei compagni.
Ugualmente, se un insegnante e’ straordinario dal punto di vista atletico, non necessariamente da’ garanzie di trasfondere la propria eccezionalita’ agli allievi.
L’insegnante che non possa dare dimostrazione pratica di un buon livello tecnico, sicuramente si trovera’ in difficolta’ – ma anche chi sia all’estremo opposto dello spettro potrebbe essere esposto al fallimento. Quindi quale dovrebbe essere l’attitudine ideale dell’insegnante, a prescindere dalla propria capacita’ tecnica? Dopo molta riflessione e dopo svariati anni di esperienza, direi che l’atteggiamento piu’ responsabile che si possa tenere e’ quello di tenere aperta la visione dei propri allievi – dopo aver dato loro un metodo affidabile di allenamento e una educazione di base sui comportamenti, gli allievi vanno incoraggiati quanto piu’ possibile a provare altre modalita’ di pratica, accedendo a seminari nazionali e internazionali, ricercando il contatto con altri gruppi, sia affrontando esami, sia confronti arbitrati.

Se le nostre capacita’ tecniche sono limitate, non dobbiamo incorrere nell’ulteriore errore di tenere i nostri allievi nella nostra ombra. Il massimo risultato che potremmo ottenere e’ una pletora di copie piu’ scadenti della nostra gia’ scadente pratica. Come insegnanti abbiamo il dovere di dare ai nostri allievi i mezzi per uscire dal guscio, insegnando loro a comportarsi in modo adeguato e fornendo una opportuna conoscenza di base, che consenta loro di accedere all’insegnamento anche di altri. Nella conoscenza di base, includo senz’altro anche la pratica sincera dell’etichetta del Kendo.
Se siamo ragionevolmente certi della correttezza del nostro gesto tecnico, non siamo comunque esentati dal fare lo stesso tipo di lavoro. Cio’ che ha giovato a noi e ci ha permesso di raggiungere un certo livello, potrebbe esserci stato comunicato in modi che noi stessi non riusciamo a replicare, o, semplicemente, un allievo potrebbe non recepire un insegnamento negli nostri stessi tempi o secondo gli stessi canali che ci hanno giovato.
In questo senso, il lavoro sistematico e costante nell’ambito del proprio dojo deve offrire agli allievi gli opportuni strumenti per orientarsi fra le diverse “offerte” di pratica, dando una chiave di lettura e di valutazione del lavoro che puo’ essere svolto occasionalmente sotto la guida di altri insegnanti. Fornendo un “linguaggio” corretto e una etichetta rigorosa, si aprono le porte alla fruizione dell’insegnamento di altre voci, che gli allievi sapranno cosi’ mettere a confronto per poterne trarre il massimo vantaggio.

Vale comunque la pena di rimarcare che l’insegnante deve mostrare sensibilita’ per la sicurezza e l’integrita’ fisica dei propri allievi, misurando il tipo di esercizi che propone nel dojo. Un buon modo per rendersi conto dello sforzo a cui si sottopongono i propri allievi e’ in primo luogo eseguirli in prima persona. L’insegnante con il fischietto, se non supportato da una adeguata esperienza, rischia di perdere di vista il vero carico a cui sta sottoponendo i propri allievi – che possono essere di tutte le eta’ e di diverse condizioni fisiche. Nel Kendo una buona dose di stoica sopportazione della fatica e’ necessaria – ma l’insegnante deve essere il primo a provare l’esperienza dell’affaticamento, se vuole calibrare con criterio gli esercizi che propone.

Una impostazione razionale e una conduzione coerente della lezione tipo sono anche compito primario dell’insegnante – il quale non puo’ affidarsi troppo alla fantasia, per quanto la capacita’ di proporre varianti degli esercizi sia un buon modo di tenere alta la soglia di attenzione dei propri allievi, anche nella ripetizione di movimenti consueti.

L’insegnante deve farsi carico della completa fruizione del tempo a disposizione di tutti i partecipanti alla pratica. La capacita’ di organizzare parallelamente il lavoro di gruppi di livello diverso e’ talvolta indispensabile. Questo e’ l’inevitabile corollario del fatto che l’insegnante non puo’ semplicemente concentrasi sulla tipologia di esercizio che in quel momento ritiene utile per se’ , bensi’ deve farsi carico di mantenere concentrati e muscolarmente attivi tutti i propri allievi. Pause troppo lunghe – anche per somministrare spiegazioni teoriche – non aiutanto a creare quella spirale ascendente che porta i praticanti alla massima intensita’ dello sforzo che si raggiunge al termine della lezione.

Per ricondurmi infine all’aspetto sociale del Kendo, non posso non citare il rapporto indispensabile con i senpai del proprio dojo. L’insegnante deve accertarsi che essi siano in grado di replicare la formula della pratica con continuita’, in modo da fungere da sostituti in caso di necessita’.
E’ opportuno che l’insegnante abbia modo di consigliarsi con altri membri del gruppo, per raccogliere i segnali che potrebbero sfuggirgli durante la pratica. Il ruolo dello “spogliatoio” o della birra post-allenamento non devono essere sottovalutati, proprio nell’ottica della creazione di un ambiente armonioso, in cui le domande degli allievi trovino risposta senza interrompere la pratica e in cui il gruppo riesca svolgere la propria funzione di accoglienza e di “educazione” dei nuovi arrivati.

Concludendo, l’insegnante deve faticare, comunicare, crescere assieme ai propri allievi – e non puo’ prescindere dal sentirsi responsabile, nel senso piu’ ampio, del progresso collettivo, anche quando puo’ permettersi di farsi assistere dai propri senpai.
Senza questa attitudine e questo senso di proposito, l’esperienza dell’insegnamento puo’ essere solo frustrante o tramutarsi in uno sterile esercizio di narcisismo – di cui il Kendo in generale, ed il Kendo italiano in particolare, puo’ francamente fare a meno.

domenica, novembre 25, 2007

Genova 18 Novembre

La giornata comincia presto... per alcuni anche troppo...

La mattina è dedicata...

...allo stage di preparazione all'esame tenuto dal maestro Pomero


Mentre i molti faticano sul parquet, altri se la prendono con maggiore calma...

Dopo un ripasso dei primi kata, si indossa il bogu e si comincia a fare un po' di kihon



La partecipazione allo stage ed agli esami è stata massiccia, trovare un posticino di pochi cm quadrati per fare pratica non è stato per nulla agevole

Dopo un'attesa piuttosto lunga arriva finalmente il momento del giudizio...

Il più giovane del gruppo è anche il primo a partire. Pietro forse paga il poco allenamento dell'ultimo periodo ma è giovane e siamo tutti sicuri che si rifarà alla prossima occasione!

Quindi tocca a Bianca che soprattutto nel primo jigeiko fa vedere ottime cose


Il terzo a presentarsi in campo è il sottoscritto che...

...oltre alle solite foto si può avvalare di contributi video





Giulio, non in perfette condizioni fisiche, dà finalmente un senso alla sua giornata...



Mi pare che almeno il ki-ken-tai ci sia, no?


Finiti gli esami per il passaggio a shodan, iniziano quelli per gli aspiranti nidan. Dopo la solita interminabile attesa Dominique mantiene la calma





Infine, per i superstiti, solito giro conclusivo di kata!

Per concludere, i ringraziamenti di rito. Naturalmente un grazie (da parte non solo mia ma di tutti) prima di tutto ai nostri sensei: Donatella, Edo e Robi. Non mi dilungo solo per non fare la figura del pappagallo..
Un grazie poi a tutti i sempai che ci permettono di migliorare durante la pratica settimanale ed un grazie speciale al mio fotografo personale (diventi sempre più abile, dovresti abbandonare la strada del kendo e dedicarti unicamente a quella della fotografia) qui in compagnia di Stefano (complimenti a proposito agli amici di Rho!)..